Il divo

Sono appena uscito dalla sala Quattrocento, Cinema Anteo, Milano.

Il Divo, il Divo Giulio… questo nomignolo non si sentiva ormai da un pezzo, e se non fosse stato per Paolo Sorrentino (regista strepitoso) probabilmente sarebbe stato ricordato solo nel giorno della Sua dipartita… ed invece, grazie al coraggio di Sorrentino, tutti quelli che sapevano il perché di questo nomignolo(e soprattutto sapevano chi glielo aveva dato) hanno avuto modo di ricordare, e molti di quelli che non lo sapevano hanno  avuto modo di capire. Il film non è un film verità, non riporta nessuna sconvolgente rivelazione, non racconta retroscena segreti (almeno a quelli più informati sul personaggio)…

Eppure riesce a restituire un colore, un sapore, a quel modo di fare politica tipicamente andreottiano, che non si riesce a definire se non come un oscillare fra tutte le tonalità dell’ombra, abbracciando l’ampio spettro dell’amaro…

Il Divo è stato il personaggio politico più longevo, più intrigante ed intricato che la storia politica italiana abbia mai conosciuto.

Su di lui si è detto e scritto molto, è stato indagato tante volte, è stato riconosciuto di collaborazione fattiva con la mafia (almeno fino al 1980), è stato accusato di essere il mandante dell’omicidio Pecorelli (quello che gli diede il nomignolo), ed in uno dei gradi di giudizio riconosciuto colpevole (anche se alla fine ne è uscito assolto). Tanti omicidi eccellenti in Italia hanno in qualche modo favorito la sua sopravvivenza politica, e molte sono le trame che gli sono state addebitate.

Ma il personaggio, il Divo, continua ad essere sfuggente, ambiguo.

Leggendarie le sue battute (quelle vere e quelle apocrife), leggendario il suo immobilismo apparente. Il film, ovviamente, non contiene tutta la sua vita, e molti passaggi non sono di facile comprensione se non si conosce già un po’ la storia… ma rimane un film di eccellente qualità, coraggioso nell’ affrontare la complessità del Divo, cercando di renderlo grottesco come per separarsi subito dalla ricerca della verità e per comunicarci che questo, in fondo, è solo un film.

P.S.: Una cosa mi sono chiesto, con gli amici che erano al cinema con me. E vorrei idealmente girarla a lui.

Senatore Andreotti, ma perché non si leva lo sfizio e ci racconta qualcosa della “complessità della situazione” che Lei si è trovato a gestire? Perché per una volta, invece di confessarsi col prete tutte le mattine, si confessa con noi italiani? Ci racconti cos’è veramente successo in Italia negli anni in cui lei frequentava i piani alti dei palazzi del potere. Ci racconti di Ustica, della Stazione di Bologna, di Sindona (da Lei definito “il salvatore della lira”), ecceterea eccetera eccetera…

Si batta per la desecretazione dei documenti e ci racconti la sua verità… ormai non dovrebbe più far del male a nessuno…

O no?